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Data inserimento : 10-09-2008 21:15:03

Autore :

G. Ruta
Titolo : FENOMENOLOGIA DELL'ASINO

Articolo :

Avvertenza Il presente articolo nasce per la sopravvenuta esigenza, all'interno di una community asinofila, di sapere verso quali destini si avvia l'esercizio del possesso e dell'utilizzo dell'animale-asino nell'immediato futuro e in un ambito ampio e diversificato come quello italiano.
Possesso ed utilizzo benchè termini complementari vanno visti distinti e tenuti tali artificiosamente per una ragione metodologica necessaria: è diverso, per categoria di persone interessate e per quantità di animali presenti, il possesso d'affezione dall'utilizzo per produrre reddito.
Nel primo, pur standoci, l'utilizzazione è limitata ad una dimensione personale o familiare mentre nel secondo è proiettata deliberatamente verso una specializzazione dell'esercizio stesso.
Nel secondo le persone diventano operatori e gli animali strumenti adibiti ad una o più qualifica produttiva e pertanto “addestrati” all'uopo.
La differenza c'è e può diventare determinante quando si andranno ad analizzare i fenomeni legati all'asino, attuali o da venire, che il presente articolo senza pretese assolutistiche tenderà di iniziare a fare.
Chi scrive è ben lungi dal pretendere di dettare verità assolute o ancoppiù scientifiche, realtà certe scaturite da studi e ricerche compiuti seriamente con metodo razionale e pignolo.
Quantunque la sua posizione professionale di agronomo in parte possa consentire e il titolo e il linguaggio dell'articolo stesso possano far presupporre, chi scrive, è refrattario alle dottrine in generale comprese quelle della scienza teoretica-speculativa, pertanto le sue affermazioni nascono spontaneamente dall'osservazione del mondo in generale e dalla breve ma intensa, diretta esperienza con gli asini nel particolare.
Nessun intendimento di commistione di ruoli e competenze.
Soltanto passione per la franchezza e per la relatività.
Mentre gli scienziati e i suoi illustri colleghi ma anche zoologi, biologi, economisti, diffondono a mena dito numeri, proiezioni, statistiche, regolamenti stupendo le platee più disparate(fra cui anche i disperati...) chi scrive se ne sta beato a spalare deiezioni di quegli stessi animali oggetto di indagine, pensando ed osservando la micro e la macro realtà ma tenendosi ormai alla giusta distanza dalle “cifre” e dalle certezze che queste per definizione impongono.
Chi scrive rinuncia all'agio dell'apparente ma pretende di andare OLTRE.
Lo stesso linguaggio dell'articolo che segue, d'ora innanzi, andrà oltre, posizionandosi sullo stile discorsivo diretto ed elementare del tipo:”il bambino esclamò il-re-è-nudo!”.


Una prima frase che fa pensare e che potrebbe andare oltre... è la domanda moderare le nascite?
Perchè questa domanda? Chi l'ha formulata secondo me vive palesemente un conflitto serio e sincero tra le certezze certe della sua formazione di operatore del settore-asino e la realtà reale del mondo in cui si trova ad operare.
Non è una domanda nata dal caso ma probabilmente dal clima nebuloso e incerto che negli ultimi tempi si è venuto a creare nell'ambiente.
Le contraddizioni ci sono e cominciano a vedersi ed insieme ad esse stanno uscendo domande e dubbi forse mai visti prima.
Non è stato un docente luminare del settore a porsi seriamente questa domanda ma un operatore che nonostante il peso della diversificazione delle sue funzioni e ruoli è andato oltre l'ottimismo pubblicistico e le sacrosante “tavole della “verità” del gruppo dirigente degli scienziati e politici dell'asino.
La domanda nasce da lontano e richiama ad altre domande che cronologicamente verrebbero prima alle quali non ci si può sottrarre ...
ed anche il tentativo di dare una risposta dev'essere fatto con il massimo della libertà saltando il condizionamento del ruolo che ci si è dato o che a torto o a ragione, si possiede Una di queste è: cosa si vuol fare con l'asino? Un'altra: cosa si può fare con l'asino? Un'altra ancora: cosa vogliono fare con l'asino? Ed ancora: cosa ci dicono di fare con l'asino e cosa non ci dicono? Le domande sono tutte impegnative ma anche se nell'articolo non si riuscirà a rispondere in maniera esaustiva e convincente ad ognuna di esse perlomeno sarà servito a chiedersele.
Ieri In Italia, una dozzina d'anni fa, dei pionieri ma altrove ancor prima, si sono imbattuti nella peregrina idea di resuscitare l'equus asinus ormai da lungo tempo moribondo per l'inesorabile, improvviso e rapido mutamento dello stile di vita che il progresso imponeva senza discussione.
Alcuni spinti dall'esigenza drammatica di risolvere inaspettate complicazioni presentatesi con l'evento, sempre lieto, della nascita di un figlio.
Allergie? Quali? Dovute a che? Non la scienza ma la memoria umana si è ricordata che nella tradizione rurale spesso quello stupido ma valoroso animale “sgraziato” e un pò autistico faceva da balia ai neonati che per qualche ragione non erano come gli altri oppure non avevano la fortuna di possedere una madre e neppure una balia umana.
Quelle persone, perchè qualcuno magari più anziano glie l'avrà ricordato oppure perchè l'avranno letto sui libri delle curiosità, si sono messi come forsennati a cercare quell'animale derelitto.
Nemmeno un raglio a centinaia di chilometri, sulle pianure a frutteto ben ordinate e razionali, a seminativo intenso e ben uniforme.
Cosa ci poteva fare lì un asino? Sulle colline, sulle montagne dimenticate? Finalmente da lontano un ragliare d'altri tempi...
ma come hai osato risolvere un problema così grande senza che la scienza non inizi a metterci il proprio becco? Come adesso vuoi estenderlo pure ad altri e magari cercare di viverci senza che delle figure competenti ti dicano veramente come fare ed organizzarti? Contemporaneamente altri, per ragioni diverse, andavano alla ricerca di ragli e trovandoli un pò quà un pò là se li sono portati a casa.
Da allora, dietro le quinte i procacciatori di affari hanno cominciato a scrutare, sono nati gli esperti per professione e gli amministratori dell'asino.
Le cose all'inizio sono andate un pò così ma oggi?

oggi
Negli ultimi tempi la fenomenologia dell'asino è andata mano a mano crescendo grazie alla cassa di risonanza data dai media e spinta da enti pubblici di settore, associazioni di categoria, centri di ricerca, associazioni onlus ed altro ancora.
Come è possibile giustificare tutto questo interessamento per un settore che macroscopicamente stenta a decollare? Che veramente ci sia una volontà a prendersi cura di questo fatto? È possibile che il fenomeno stia a cuore alla politica? Forse il “fenomeno” si ma non credo i problemi.
Una ventina d'anni fa durante un esame di agronomia il candidato che sosteneva quella prova nel bel mezzo di una esposizione alquanto brillante ebbe la malaaugurata idea di far riferimento alle metodologie dell'agricoltura biologica.
Una sciagura! Il docente lo zittì in malo modo umiliandolo pubblicamente: “agricoltura biologica? Qui siamo intellettuali della scienza e della tecnica non poeti! Forse lei ha sbagliato facoltà.” Anche i suoi colleghi si presero gioco di lui e loderisero come fosse uno sbandato.
Non ebbe il trenta che gli sarebbe spettato ma un dignitoso 25.
Passarono meno di 10 anni lo stesso docente divenne titolare di una materia specifica sull'agricoltura biologica e un impegnatissimo promotore della stessa.
Ho sempre pensato che quell'intellettuale avesse avuto un sogno rivelatore che gli ha fatto scoprire il poeta che profondamente era in lui... la metafora non si limita ad accostare le analogie che vedo tutte quelle volte che da un'idea aleatoria e bislacca di pochi avventurosi si passa o si tenta di passare al pragmatismo del mercato, quando dalla poesia, i signori del vapore, ne fanno scienza ed affari.
Se di poesia si riesce a vivere... perchè no?!-non credo... il punto è che nella generalità dei casi quando accade un simile passaggio si tratta di una vera e propria trasfigurazione così come l'agricoltura biologica di allora ed oggi, analogamente l'asino è oggetto di speculazioni inimmaginabili.
Forse ancora abbiamo visto ben poco ma a cosa ci avviamo? Può essere tutto od anche che fra qualche tempo il fenomeno si risolverà in una bolla di sapone.
Bisogna però cercare di vedere cosa potrebbe accadere.
Prendiamone atto: c'è un certo interessamento per l'asino che ad alcuni comincia a preoccupare ad altri fa luccicare gli occhi con il dollaro a posto delle pupille.
Io faccio parte degli alcuni.
Non sono interessato a snocciolare cifre, valori, algoritmi, a questo ci stanno pensando già altri ma un numero mi torna sempre in mente: 10%! ogni anno il 10% dei nascituri in Italia presenta la sintomatologia ALV mi confidò un ricercatore asinino quando ho cominciato ad interessarmi anch'io al fenomeno.
“sai cosa vuol dire?... beh, se sapessi il numero esatto dei nascituri all'anno in Italia ci arriverei anch'io- “ è una cifra pazzesca! Quanti litri occorrerebbero per coprire il fabbisogno nazionale o regionale?- beh quanto latte beve un neonato?... numeri, numeri pazzeschi! “ di quante asine abbiamo bisogno perchè si possa rispondere adeguatamente alla domanda?... il problema è trovarle... e poi costano...” queste sono le meccaniche che hanno mosso e muovono ancora molti avventori dell'allevamento dell'asino da latte. I numeri sono imponenti ma la realtà resta metaforica.
Gli allevamenti che da tempo già esistono magari quelli i cui fondatori si sono andati a cercare l'oggetto del desiderio o del bisogno nei paesini di montagna sorprendendo il vecchio contadino inconsapevole, fanno a cazzotti con una realtà a dir poco capricciosa.
Lasciamo perdere per un attimo i numeri e i dati, la scienza e la tecnica, le normative normate o solo mormorate cerchiamo piuttosto di osservare i comportamenti, i gesti, gli assalti pirateschi, le perversioni e le immancabili leggende metropolitane.
Un paio di anni fa e quindi nel presente, un allevatore-imprenditore di bovini-ovini-caprini-cavallini credendo di aver fiutato un grande affare comprò dalla Romania più di 450 asini a meno di 200€/cad. Uno spettacolo vedere tutta quella presenza asinesca stampigliata come un affresco surrealistico su quelle colline selvagge! Per farne cosa? Un'impresa colossale per produrre latte? Nemmeno per sogno.
Già da qualche tempo si paventava la possibilità che “la ragusana” sarebbe entrata a contributo come razza in via di estinzione.
La ragusana non la rumena, la bulgara, l'unghera, la dalmata.
Ma quell'allevatore credeva di sapere come fare perchè un microcip e un tatuaggio dell'Istit per l'incremento ippico, pensava, non si nega a nessuno... del resto “la ragusana” pare che nel passato abbia insanguato le popolazioni asinine dell'ex Ccpp e con un pò di buona volontà un asino di quella popolazione può essere visto come quest'altra.
L'operazione non ebbe un esito positivo per l'imprenditore nè per i soggetti di quel dipinto surrealisrtico che un pò alla volta si trasformò in altro di stile decisamente noir o se vogliamo rouge, come il sangue.
Parola chiave: CONTRIBUTO.
Al 2°convegno nazionale sull'asino tenutosi a Palermo nel 2005 ( quindi nel presente) belle persone, veramente innamorate dell'asino e quindi preoccupati del suo destino mi confidarono di una nuova tecnica in via di sperimentazione che alcuni allevamenti e centri di ricerca stavano approntando: il trattamento con l'ossitocina impiegata come surrogato all'azione innata e congenita di suzione da parte del puledro.
Lo scopo? Scavalcare l'ostacolo del lattante visto come fattore limitante alla produzione e massimizzazione della potenzialità della puerpera che così impiegata potrebbe fornire non più i ridicoli 1-1,5-2 lt di latte giornalieri ma tutto ciò che esiste di emungibile...15? 18?... che meraviglia! Come operazioni collaterali a quel trattamento ci sarebbe l'eliminazione immediata del lattante, pardon nascituro...(morituro) e la rottamazione in meno di una decade di simile attività della fattrice, pardon macchina da latte che comunque contribuirebbero all'industria degli insaccati o delle gelatine in scatola.
Non si butterebbe niente...
la genialità dei cervelli.
in-fuga e dei cavalieri del lavoro che magari contribuiscono all'innalzamento del PIL e all'annoso problema della disoccupazione, non è un'idea originale, pare che sia stata presa in prestito da alcuni allevamenti di punta delle bufale per mozzarelle.
Allora per la prima volta ho sentito parlare della necessità di un comitato etico per gli asini che non posso non approvare.
Parola chiave: BASTARDI.
Un allevamento in via di realizzazione nelle terre dell' ex governatore della trinacria qualche tempo fa ( ma sempre nel presente ) ebbe la “fortuna” di essere al centro di un certo e insistente interesse televisivo di respiro locale e regionale.
I servizi mandati in onda in giorni successivi ma ravvicinati tra loro declamavano a piè spinto le meraviglie dell'asino visto come oppurtunità di fare impresa, di inserimento dei giovani in un settore di sicura crescita e di un'attività economica con risvolti sociali e umanitari interessanti perchè “il prodotto” da realizzare, si è scoperto, può risolvere problemi particolari di alcuni neonati e problemi sempre connaturati di un gran numero di anziani... un'azienda agrituristica nelle terre di Pirandello con un equino sullo sfondo della ripresa televisiva come un plastico o un opera di scultura lignea, non un allevamento vero esistente da decenni con animali vivi e latte fresco già munto era stata “scelta” per parlare di asini e latte! In conclusione di quei servizi un tecnico agronomo ben istruito, con sorriso ammaliante concludeva: “ non solo.... gli ospiti del nostro agriturismo potranno col tempo usufruire di un servizio che solo la leggenda ha potuto fare... bene si, potranno farsi il bagno come solo Cleopatra o tuttalpiù Poppea hanno potuto...” Parola chiave: CAZZATE MEDIATICHE In un contesto siffatto viene scompaginata qualsiasi logica ed i tentativi di alcuni di aprire spiragli di luce falliscono miseramente, nemmeno la puntigliosità di tirare fuori i famosi numeri o le pieghe legislative o tutte le pubblicazioni di luminari passati e presenti può alla fine dare idee sicure sulla FENOMENOLOGIA che ha coinvolto l'animale più umile e semplice attualmente presente sulla terra.
Chi scrive, per limiti che gli sono propri, non ha pretese di verità in tasca e non intende azzuffarsi con chicchessia per far valere una teoria rispetto ad un'altra, egli il presente scritto lo offre come attività salutare per soddisfare un bisogno personale di meditazione.
Tutti gli interrogativi, le parole chiave e gli aneddoti li mescola “ad muzzum” senza l'obiettivo di fornire delle risposte inconfutabili.
L'insieme delle argomentazioni trattate tuttavia formano un coacervo di elementi in cui ognuno è libero di trovare le risposte che vuole, queste ultime infine se elaborate e meditate a loro volta possono dare nuova linfa ad un dibattito aperto, leale e non competitivo.
Quanti e quali elementi abbiamo? Prendiamone solo alcuni così tanto per fare una prova.
CORSI e CONTRIBUTI Chi ha avuto l'avventura di accostarsi al mondo-asino in tempi non sospetti, quando magari la reazione prevalente degli altri era la derisione, può pretendere, oggi, di insegnare parte del suo sapere a chi è arrivato con le ultime corse, con le ultime sventagliate? Legittimo.
Giusto.
Può pretendere e richiedere un compenso per la disponibilità...? legittimo! Chi coltiva cavolo biologico, di grande valore organolettico e salutistico può pretendere che al mercato glie lo paghino il 30 % in più dell'ordinario? O meglio: chi “inventa” le tecniche di permacoltura e per questo dopo averle verificate e straverificate pubblica un testo, un manuale per tutti, è da considerare un disonesto se pretende che gli paghino le copie messe sugli scaffali? Pochi, pochissimi avrebbero da ridire.
Sui corsi inventati per gestire le svariate attività asinesche, invece si.
Perchè? Per il costo? Non è un buon motivo o comunque non è sufficiente.
Allora per l'inutilità degli stessi o per la scarsa presenza di professionalità del corpo docente? Boh, non saprei ma non credo.
A mio modo di vedere se qualcuno adesso protesta non è nemmeno per antipatia nei confronti di chi li promuove ma è mosso da un vaga ma perniciosa sensazione di essere preso per i fondelli.
Provo ad immaginare da cosa possa nascere questo senso fastidioso che si impossessa di una parte dell'essere di ognuno dove, a torto o a ragione, si è portati a credere che ci sia la sede della dignità.
Intanto è offensivo sentirsi dire che per portare a spasso a dorso d'asino un inconsapevole ospite attirato chissà con quali stratagemmi dall'urbe, occorre un attestato professionale rilasciato da questa o da quell'altra associazione... un asinaro che deve anche procurarsi i titoli professionali per fare avvicinare le persone alla propria bestia... è veramente troppo.
L'elemento di controversia maggiore è però qualcosa di più serio: l'esclusività, la non ripetibilità della conoscenza, il privilegio monopolistico a vendere il sapere, in una parola la brevettabilità.
L'obbligo per chiunque( giustamente con i titoli professionali di base...) voglia fare attività terapeutica con l'asino di passare attraverso una ed una sola organizzazione accreditata.
Questo come lo chiamiamo monopolio, duopolio, tripolio? Comunque di utilizzo improprio (o proprio?)del proprio potere acquisito si tratta.
Nemmeno il capitalismo liberista obbliga i consumatori a consumarsi in un solo mercato, nemmeno la Chiesa cattolica apostolica obbliga i credenti a credere nel mistero di quell'unica fede, l'importante per queste è comunque consumare o credere... Se le organizzazioni che disciplinano quei corsi avessero veramente gettato le basi per gestire la “torta” (piccola o grande che sia) come se fosse “cosa loro” allora i mugugni e il malcontento che si avverte negli ultimi tempi in una certa piazza virtuale sarebbero più che giustificati.
Personalmente non sono molto a conoscenza di questi fatti ma li riporto per necessità di sapere e non ho assolutamente nulla contro le persone fisiche che peraltro neppure conosco.
Sarebbe d'obbligo una smentita ed un chiarimento a tal proposito.
L'altro termine, CONTRIBUTO si lega a quello appena trattato e ne potrebbe formare un binomio perfetto, positivo oserei dire.
È superfluo insistere sulla validità di questo strumento, basta richiamare l'aneddoto delle 450 asine ma se volessimo approfondirlo dovremmo estenderlo a tutte le misure della nuova Pac, dei PSR, del biologico, quote latte etc etc.
Sono altre storie meglio lasciare perdere.
Tuttavia, in Sicilia qualche mese fa si sono chiusi dei bandi del PSR fra cui la misura 214/1 ed in particolare la sottomisura 214/1D “allevamento di razze autoctone a rischio estinzione o abbandono”.
Qualcuno nel forum di Raglio.com, se non ricordo male, ne ebbe a parlare... chi scrive però non si scandalizza per i 200€ all “ragusana” ed i 500€ alla “pantesca” perchè 200 ormai sono troppo per l'estinzione e niente ancora per l'abbandono; sono comunque inutili, sprecati, briciole che se utilizzate diversamente formerebbero una bella pagnotta che potrebbe contribuire almeno a sfamare qualcuno.
Si potrebbero utilizzare per esempio per i corsi... per chiunque, possessore di almeno un'asino, ci dovrebbe essere la possibilità di partecipare gratuitamente alla formazione professionale obbligatoria o no degli asinari e le stesse organizzazioni promotrici potrebbero essere coperti da questo denaro, con buona pace per tutti.
Si obietterà che per questo ci sono già le misure per la formazione e la divulazione...
certo altro denaro pubblico bruciato.
Con le risorse destinate ad un workshop o per la stampa delle brochure di un evento in pompa magna o per la diaria di un illustre luminare si potrebbero comprare magari le apparecchiature per il trattamento del latte di un allevamento con accertabili requisiti morali ed etici oppure si potrebbero finanziare le strutture di un altro allevamento con identici requisiti...
no, no, parliamo di cose assurde, di un altro mondo.
In questo ci sono i parametri economici, le UDE, le UBA, le linee guida, i cosini e i cosoni... in questo mondo non si cerca il vero e la semplicità ma tutto viene abilmente coperto da una montagna di deiezioni liquide e solide a norma.
Solo il bambino disse: il re è nudo! CONSORZIO E SICILIANI è notoria l'annosa incapacità dei siciliani ad organizzarsi, si conoscono come i cannoli la loro litigiosità, il loro egoismo, pressappochismo...sarà il caldo o qualcos'altro che affonda le radici nel lontano passato ma non c'è verso di fargli cambiare questo modus vivendi.
Non sanno organizzarsi con gli altri per fare insieme.
La sola organizzazione che smentisce questo assunto e che porta alto il nome della Sicilia è quella cosa...tutta nostra.
Per il resto, ogni siciliano quando si trova a fare già con un altro che non sia egli stesso inizia a diffidare, a guardare storto, a rompersi.
Sarà per questo che dal continente è arrivata una task force per organizzare gli allevatori di asini...
-Non giudicare le apparenze ma chi scrive non imprime nessuna ironia a quanto appena detto- certo la “cavalleria” è sbarcata anche perchè il maggior numero di asini pare che sia presente proprio sull'isola di Colapesce e quindi magari l'impegno può essere ricambiato.
Che importa! Personalmente non ho niente in contrario che l'attività di una organizzazione di allevatori d'asini riuniti metta le basi qui in Sicilia ma chi scrive non fa testo: I migliori appeal li ho sempre avuti con soggetti provenienti dalla Calabria in sù, sono un esterofilo io.
Ciò che mi lascia dubbioso e poi decisamente contrario è: 1)la tipologia dell'organizzazione.
La vedo verticistica, con un nocciolo duro che ha partecipato sin da sempre alla sua costituzione, all'ideazione e alla prassi.
Che si presenta agli altri con scelte, programmi, principi e metodologie già assunte e che si possono accettare ma non mutare nel momento che si sceglie di aderire.
Il prezzo chi lo decide? Gli allevatori riuniti o la contingenza di mercato? Che poi sono sempre persone e nella fattispecie il gruppo dirigente tecnico o amministrativo che sia.
Siamo alle solite: modello Stato.
Non c'è orizzontalità, non c'è una vera e propria cura dei soggetti implicati che stanno alla base cioè che forniscono la prima produzione ma c'è esclusivamente o principalmente l'obiettivo di razionalizzare, qualificare, implementare il prodotto che seppur importante non è tutto.
Manca sopratutto la fase compartecipativa alla gestione degli elementi che fisicamente rendono possibile la nascita del “prodotto”.
Manca il cuore.
2)Industrializzazione è un termine troppo impegnativo ed è veramente ciò che chiede la legge? E se si chi glie l'ha suggerito? La trasformazione fra cui la liofilizzazione è proprio necessaria? Chi la fa cosa si propone? Solo una maggiore durata nella conservazione o uno spostamento su distanze poco sostenibili? Oppure è un elemento in più per concorrere sul mercato? 3)Il disciplinare viene sempre dall'alto, all'allevatore-produttore non è stato chiesto un parere.


Tutto è discutibile, è chiaro ma meglio quando si comincia dall'inizio e non a partire dalla fine.
Altri binomi li lasciamo, altre domande pure ma la prima ”moderare le nascite?” resta importante perchè apre un problema: il dubbio su cosa stiamo facendo.



Domani
personalmente mi viene difficile pensare di avere un futuro con le asine ma è ancora più difficile pensarmi senza.
Al latte non ci credo se non in scala piccola e su base territoriale, con metodo artigianale e integrato in tutta la multiformità che questo animale possiede.
Non accetto l'industrializzazine dell'agricoltura figuriamoci quella dell'asino.
Non ammetto la possibilità che si arrivi a farlo diventare una macchina da latte come qualcuno auspicherebbe.
Mi auguro che gli allevamenti che già esistono e che esistono da tempo possano continuare ed avere finalmente riscontri anche economici perchè fino ad ora il businnes se c'è stato lo è stato solo per i pappagalli della ricerca e per i professionisti delle chiacchiere(quelle vere!!!).
L'augurio è anche motivato da puro egoismo poichè non avendo più pretese di riprodurmi ulteriormente e considerata l'età avviatesi inesorabile verso la fase geriatrica, mi dispiacerebbe non trovare più un posto dove poter bere un litrotto di latte genuino, fatto in casa come una volta.
Purtroppo non credo che le multinazionali farmaceutiche stiano a guardare, potrebbe essere solo questione di tempo perchè le molecole sono quasi tutte imitabili.
Se poi anche i produttori si buttano sul finto abituando la gente ad accettare forme non naturali ma liofilizzate, polverizzate... la strada per i signori della chimica verrebbe spianata ulteriormente.
Per il futuro bisogna prendersi la responsabilità di far valere la convinzione che l'asina ha una mammella con due capezzoli, il latte è liquido e se ne esce 1 lt ci si può accontentare.
E se proprio vogliamo cambiare e migliorare sforziamoci di andare oltre.


Andare oltre un mio amico che di tanto in tanto partecipa ai forum di Raglio.com, si chiama Sceccupensu, si è messo in testa che con l'asino si può fare la rivoluzione... non ci bastava Don Chisciotte, adesso pure lui e tralaltro senza Sancho Panza... lui crede in un asino per ogni contadino, anzi si è spinto a dire anche per ogni condominio.
Crede che il raglio sia salutare perchè invita la gente a riflettere sui rumori artificiali e sugli odori naturali.
Vorrebbe con l'asino sostituire il trattore e il decespugliatore.
vorrebbe tornare indietro per andare avanti, auspica la decrescita per crescere, camminare lento per correre... come non dargli ragione! ... “e il cielo è sempre più blu-uuu uuu” Giorgio Ruta

Fonte :

www.raglio.com

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