In un viaggio itinerante attraverso le murge salentine, immersi in un’atmosfera zingaresca, senza orari e senza una meta precisa, il passaggio alla Masseria Russoli è una tappa fondamentale, per salutare e conoscere gli asini, passeggiare insieme a loro al tramonto e attraversare quasi in punta di piedi la loro terra, che li ha accolti e coccolati.
La Masseria, immersa in un paesaggio dai caratteristici muretti a secco, da mandorleti e trulli isolati, è caratterizzata da una miriade di arbusti di corbezzolo, che qui chiamano “russoli” (da cui deriva anche il nome della masseria). Un’oasi ecologica ospitata da una costruzione risalente al ‘700, gestita dal Corpo forestale dello Stato e istituita dalla Regione Puglia per salvaguardare dall’estinzione la singolare razza asinina di Martina Franca.
Una gita, un’escursione, un passaggio, che lascia un segno indelebile: o li ami o non li capisci e rimani indifferente ai loro gesti quotidiani, semplici e genuini. Ma se li ami, se li ammiri e li osservi con gli occhi dell’intelligenza, allora rimani quasi senza fiato quando più di cento capi di asini di Martina Franca, grandi, medi e piccoli (anzi, piccolissimi) arrivano come per magia da un sentiero sterrato che sembra sbucare dal nulla. Una palla arancione a fare da sfondo a un’immagine che ai più ispirati suggerisce un quadro e lascia insoddisfatti i rullini fotografici: è il tramonto e gli asini tornano a casa dal pascolo giornaliero. Camminano tutti insieme, uno dietro l’altro, non si seguono ma sono insieme, ansiosi di tornare alla masseria che gentilmente li ospita, dai loro padroni-amici che ogni giorno si prendono cura di loro con il più elementare dei sentimenti: l’amore.
Dopo numerosi scatti, flash, riprese, commenti, espressioni di autentico stupore e spontanea meraviglia, ci incamminiamo verso le stalle disposte tra i trulli, dove è alloggiato lo stallone del gruppo, un asino grande e impaziente di eseguire il suo “lavoro”, che scalcia e annusa con curiosità e bonarietà le mani dei visitatori che accarezzano il suo lungo muso, sempre in cerca di qualcosa da mangiare. Un esemplare di stazza grande, di rara bellezza, a cui spetta il delicato compito di far progredire la razza, ormai sempre più a rischio di estinzione. Ancora foto, ancora commenti di stupore sulle generose doti del giovane esemplare, poi il gruppo si disperde per riunirsi accanto all’albero di corbezzolo, dove la nostra guida ci fa assaggiare un seme di questa pianta, la “cioccolata dei poveri”, dal sapore deciso e pastoso.
Da lontano ci osservano (quasi ad attirare la nostra attenzione) le asine rientrate nei recinti per la sera; alcune sono in dolce attesa, altre coccolano il piccolo nato da poco, che voglioso cerca di nutrirsi dalla sua mamma. Un gesto primordiale a cui qui dedicano particolare attenzione perché il latte di asina, ricco di proteine, può essere usato anche come sostituto del latte materno per i neonati umani, ma spesso difficile da reperire a causa della scarsa presenza di asini sul territorio nazionale.
Il cammino all’interno della masseria continua, ormai la sera sta arrivando, tutti gli asini sono rientrati, i puledri camminano vicino alla mamma, osservano timorosi i visitatori che li ammirano da lontano, che aggiustano gli obiettivi delle macchine fotografiche per coglierli nelle pose più spiritose e tenere, mentre camminano traballando sulle loro zampette ancora incerte . I bambini sono estasiati e meravigliati dall’inatteso spettacolo a cui hanno assistito, non sono impauriti o intimiditi dagli asini, li accarezzano da vicino e li sentono amici, quasi dei loro simili. Una corrispondenza di sensazioni che avvicina l’uomo a questo animale senza reminiscenze e senza ruoli imposti, semplicemente così come viene, ognuno a suo modo, ognuno con la certezza che non dimenticherà mai questa visita, e che sicuramente tornerà da loro al più presto…Al prossimo viaggio itinerante in cerca degli asini. |