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una gita con Pepito platero il 06-Lug-2009 in Trekking | ||||||||||||||||||||||||||||||||
La pala di alluminio col manico smontabile, il secchio che si schiaccia e diventa un disco, una corda…non si sa mai, una longhina di scorta (magari si rompe il moschettone). Carote, almeno 4. Una bottiglietta d’acqua per me. Farà un gran caldo. Anche una banana. Da giorni penso ai preparativi. Metto la sveglia, meglio due perché magari fa temporale e va via la luce. Tanto non dormirò, anche se andrò a letto presto e se sono abbastanza stanca. Già, ricordarsi dell’insetticida, per me, e per lui. A lui lo metto prima di partire perché il barattolo pesa troppo. E adesso dormo, … chissà cosa sogno. Bello alzarsi alle sei e mezza, mentre tutto il paese dorme sodo perché è domenica. E’ sereno e sento che oggi non pioverà. Quei temporali serali, da caldo, che puntuali da una settimana ci fanno correre a casa a chiudere le persiane, sento che oggi non arriveranno. E vado. Col mio zaino, ancora mezzo vuoto. Pochi minuti in auto e arrivo al terreno. Pepito si sorprende a vedermi così presto e si accorge che bisbiglio sottovoce, come se non volessi svegliare quel qualcuno che non c’è e che dovrebbe fargli compagnia. Lo spazzolo, gli pulisco gli zoccoli, ma solo quelli anteriori – temo eventuali proteste e di dover cominciare male la giornata litigando con lui - gli spruzzo l’insetticida e gli do una abbondante manciata di fioccato: che colazione buona stamattina, vero Pepito?. Messa la capezza, lo lego e ci avviamo, attraverso l’arena. No, non mangiare l’erba: oggi si cammina, poi vedrai, arriveremo in un posto bellissimo, tutto coperto di erba, tutta per te. Lui capisce e procediamo. Alla casa di Luciano, lui è pronto, sono quasi le otto e partiamo. Pepito in mezzo, un po’ indietro, ma con il testone proteso tra noi. Crapin Giulivo! testolina felice, come lo chiamo quando l’affetto trabocca. Lo tiene Luciano, ci inoltriamo nel bosco, ma quando siamo nei pressi del rudere coi bambù Pepito dà uno strattone e parte al galoppo! No, non sgridarlo, ha fatto così perché quando siamo in questo posto io lo libero sempre e lo incito a correre: “andalè Pepito, corri!” l’ho abituato così, questo posto è la sua palestra, il suo parco dei divertimenti, dove mi nascondo dietro agli alberi e gli faccio gli scherzi. E’anche il mio, parco dei divertimenti! Ripreso Pepito, ripreso il sentiero, oltrepassato il tratto pericoloso, col baratro sopra alla sbocco della galleria del treno – “guai essere lì quando un treno esce dalla galleria, che ti risucchia” – Proseguiamo, ancora un tratto sterrato, il maneggio dei cavalli, poi il vicolo erboso, poi la statale, con il curvone, il guard-rail di metallo, con sotto il vuoto e Pepito ha paura, e sente la mia paura, e non vuole stare da parte e si mette di traverso quando lo tiro a destra. Allora fissiamo anche l’altra longhina, per tenerlo in due, pur sapendo che la sua forza è molto maggiore della nostra e sapendo che non è questo il modo, ma per oggi siamo costretti a fare così, poi si dovrà lavorare per superare questa paura, e con il ramo lo dirigiamo, ma non è bello. Tensione, che lui sente. Passa anche un pullman, grosso, blu e rumoroso. Poi superiamo il ponte, non proviamo nemmeno a infilarci nello stretto marciapiede grigliato esterno alla carreggiata, stiamo sull’asfalto evitando di discutere ancora, poi svoltiamo in un vicolo tranquillo e raggiungiamo la mulattiera. Bene, Pepito la ricorda e la imbocca deciso, ma ecco un ostacolo. Un dissuasore per impedire alle moto di utilizzare il sentiero. Tre tubi, foggiati a formare una “U”, disposti due ai lati e l’altro circa 40 cm oltre, al centro. Ma….che fortuna, il dissuasore centrale non è stato fissato, si può sfilare: lo sollevo, passiamo, e lo rimetto a posto. La mulattiera è ripida, ma tutta all’ombra. Oltrepassiamo un bosco, poi delle sassaie, e saliamo verso il lago di Sant’Agostino, luogo affascinante per le sinistre vicende che si narra siano avvenute e curioso perché prescelto dai rospi per l’accoppiamento e per la riproduzione. Infatti, ad ogni passo, piccoli animaletti, che sembrano insetti, grilli, schizzano via saltando dappertutto. Sono certa che se Pepito notasse cosa avviene sotto ai suoi zoccoli, si fermerebbe, per non calpestarli, tanto buono com’è. Appena prima della deviazione per il lago, ecco un’altra serie di dissuasori. Ma questi sono fissi! Chiusi con dei lucchetti. Tutta colpa dei motociclisti, di quelli che usano moto da trial o da enduro. Mi sento imbarazzata, rifletto “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Certo, perché io questa mulattiera, raramente, perché troppo impegnativa, ma qualche volta l’ho percorsa anch’io, quand’ero ragazzina, con il mio Bultaco. Perciò ora non posso che sospirare, pensando a come è difficile conciliare le esigenze di tutti, e , ancor più difficile, essere coerenti, senza rinnegare nulla di ciò che è stato. Ed è stato bello, e poi una moto da trial, coi suoi giri bassi, le sue gomme tassellate, il suo tum tum tum regolare e non forzato, non danneggerebbe questa mulattiera, però… Fatto sta che Luciano si arrabbia, col suo modo calmo di fare, anche di arrabbiarsi, e neppure spera che l’ostacolo sia aggirabile. Invece, prendo la longhina, torno con Pepito un pezzetto indietro, lo lascio piluccare un momento per distoglierlo dal frangente e poi riparto serena e decisa. Mi infilo tra i tubi, con disinvoltura e Pepito dietro di me, con identica disinvoltura. Luciano, che già temeva una umiliante ricapitolazione, guarda sbalordito. Bravo Pepito!, brava anch’io, che saggia e previdente l’ho addestrato trascinandomelo dietro tra alberi, cespugli e rami, facendogli scavalcare tronchi caduti, sfiorare muretti e persino abituandolo ad infilarsi nella forcella formata da due rami di un albero. Luciano però protesta contro chi ha messo gli ostacoli: lui con la sua cavalla Fable non riuscirebbe a passare e neppure un asino con il basto potrebbe infilarsi lì in mezzo. Ma se con i nostri animali non possiamo percorrere sentieri come questo, dove possiamo andare? Sulla statale? Sull’allea cittadina? Pensosi affrontiamo la lunga salita, l’assenza di erba sulla mulattiera acciottolata consente di mantenere un passo regolare: ploc ploc, ploc: piccoli zoccoli neri, mossi dalla curiosità e dal piacere della compagnia. Pepito non è l’asino che portiamo a spasso, è uno di noi che si dirige verso il pranzo prelibato che ci attende. Al termine della mulattiera, quasi atteso, ecco l’ultimo dissuasore, coi suoi bei lucchetti. Ma siamo quasi contenti di dover riconfermare la docilità e l’agilità di Pepito. Ecco fatto, passati, ma … meglio non mangiare troppo, se no al ritorno saranno guai ! La strada asfaltata è calda e ci riflette il suo calore, sono quasi le 10. Arrivano i primi tafani e quegli insetti grossi, simili a enormi api, ma un po’ tonti perché quando si posano sono talmente presi dalla loro preda, che non si accorgono della mano che arriva a colpirli. Ad un certo punto la strada è tagliata da una canalina grigliata. Pepito si ferma. Non vuole passare, Luciano lo tira: “non farlo, non serve”. Aspettiamo un attimo. Poi riproviamo: questa volta passa, facendo un salto come se dovesse superare un ostacolo alto: illusioni ottiche? O lo fa per darsi un contegno, per simulare che sia davvero un’enormità, e giustificare il suo essersi fermato! Chissà, anche gli asini hanno una dignità da difendere! Entriamo nel paesino, alcuni cani abbaiano, qualcuno si affaccia con il viso ancora stropicciato di sonno. Noi invece siamo svegli dall’alba, abbiamo già fatto un lungo cammino, raccontato tante cose, provato mille emozioni. Mi alzerò sempre presto, penso, quanta più vita c’è a disposizione alzandosi all’alba! Alcune signore si fermano a parlare con Luciano, intanto Pepito bruca un po’ d’erba mentre io gli scaccio gli insetti. Si accorge che parlano di lui e si volta: “ma che bell’asinello! “. L’ultimo tratto di strada, una mezz’oretta, Pepito la fa quasi al trotto. Io lo assecondo, divertita e sorpresa da questa improvvisa fretta (come fa sapere che siamo quasi giunti a destinazione?), mentre Luciano resta indietro e parla da solo perchè… non lo sentiamo più. Superiamo alcune persone, due coppie, e mi sento felice di essere lì con lui, in compagnia del mio migliore amico, del mio asino. Felice e orgogliosa. Guardateci: siamo stati inviati a pranzo, ci siamo preparati e sistemati per bene, siamo partiti ed abbiamo affrontato un lungo cammino, non privo di difficoltà ed imprevisti, per raggiungere la baita dei nostri amici: Mauro, Isabel e la dolce Celestina ci aspettano! Sbrigati Luciano! Ecco il cancello e poi il vasto terreno esteso fino a perdita d’occhio, tutto recintato, tutto per Pepito! Lo tengo legato fino alla casetta, perché veda dove ci fermiamo, poi lo libero, prendo il secchio (finalmente ho l’occasione per usarlo!) e lo riempio alla fontana: ecco puoi bere! Lui annusa, curioso, ma preferisce iniziare il suo pasto d’erba. Libero. Felice. Gironzola qua e là, immagino sia attratto dalla varietà di odori e dalle novità di sapori. E’ libero, ma non si allontana. Non credo che sia per diffidenza o timore del posto nuovo, ma piuttosto per il piacere che gli dà il sentirci chiacchierare e il poterci vedere. Infatti ogni tanto arriva, senza fretta, ma risoluto e mi si appoggia contro, mette la testa sulla mia spalla, come per dire: “io sono suo”, o “lei è con me, siamo venuti qua insieme”, constatando una realtà, senza malizia, con la semplicità di un asino sincero. E penso che è vero: in qualche modo non solo lui è mio, ma anch’io sono sua. Mentre noi pranziamo lui smette un attimo di brucare e infila il muso dentro al mio zaino: certo non cerca cibo, ma lo fa solo per controllare e curiosare, come se dicesse: “qua portiamo le nostre cose, aspetta che guardo se c’è tutto.”. Eh sì carino! per ora la soma la porto io, il mio e il tuo bagaglio, tutto nel mio zaino, ma appena sarai un po’ più grande mi renderai il favore! A Settembre o Ottobre sarà pronto il tuo basto e … vedrai che grandi cose faremo, io e te, una folle con un asino baio, cloppete cloppete. Pepito non stare qua, a fianco di me sulla panca, che mi viene la tentazione di salirti in groppa. Breve dibattito sull’età che deve avere un asino per poter essere cavalcato, sul peso e la posizione del fantino, sulla durata della prova e … mi avete convinta, se salgo solo un attimo e mi appoggio pian piano non lo danneggio. Ecco, ci sono, mi stacco dalla panca, gravo sul dorso di Pepito, un po’ avanti. Lui neppure si muove. Tranquillo, come se niente fosse. Cavalco a pelo! Ma sono già scesa, tanta è l’apprensione di fargli del male. Celestina, come carico, è un carico lieve: non ha ancora sei mesi, gli occhi brillanti di gioia e la bocca aperta in un fiducioso sorriso, alla vita, a noi, all’asinello! Sono le quattro, ci prepariamo. Se la pancia riesce a contenere tutta l’erba che Pepito ha mangiato, la gioia, invece, è incontenibile: all’improvviso una sgroppata, un calcetto laterale e via, di corsa, al galoppo, corri corri! questo è il tuo modo di ridere, di ringraziare, di dimostrare quanto sei felice! Si riparte. Con audacia e ottimismo scegliamo di tornare seguendo un altro percorso, un sentiero ripido e dal fondo sconnesso, che una volta l’anno scorso abbiamo tentato in salita, ma senza riuscirci perché Pepito, dopo aver fatto molte storie prima di decidersi a passare il primo ruscello, si era poi categoricamente rifiutato di oltrepassare il secondo , costringendoci a tornare indietro, salvo poi rifiutarsi di ri-attraversare quello superato all’andata: avevamo rischiato di accamparci lì, in attesa della stagione secca e del prosciugamento dei fiumi! Purtroppo, mi ricordo bene, solo con le maniere forti eravamo riusciti a farlo passare. Triste esperienza. Ma oggi ci sentiamo sicuri di noi e … di lui! Cammina cammina, tutto bene, Pepito forse è un po’ stanco e non si concede divagazioni, segue tranquillo, anche nei tratti scivolosi. Noi, senza confidarcelo, aspettiamo con ansia la prova ruscello. Penso alle piogge serali, violente e abbondanti, che avranno senz’altro ingrossato questi due torrentelli. Ed eccoci lì, Luciano, che tiene Pepito, esita un attimo e Pepito coglie questa debolezza e si rifiuta. Lo prendo io, torno indietro qualche passo, gli abbasso un ramo perché possa mangiare le foglie, gli parlo tranquilla, poi lo dirigo con scioltezza, come avevo fatto tra i tubi, e attraversiamo il rumoroso ruscello. Bravo Pepito: e la carota è il tuo premio, tienilo presente tra pochi metri! Infatti, ecco il secondo ruscello, qua l’attraversamento può avvenire o nell’acqua o passando su una grossa pietra. Temo che sia scivolosa e di finire io stessa a mollo, invece, via, decisi, e lui è alle mie spalle, di qua, in attesa della sua carota. L’hai meritata! Bravo! Bravo! Che soddisfazione che sollievo sapere che anche questa paura è scacciata, che, forse, rimane solo il grande problema della strada e del traffico e del guard-rail metallico col vuoto dietro. Ma, abbiamo tempo e buona volontà. Speriamo. Il sentiero finisce nei pressi di una casa semi-abbandonata, occupata più o meno clandestimanete da un gregge di simpatiche capre. Pepito si ferma, incuriosito. Muso a muso, forse osserva quelle pupille sottili, caratteristiche delle capre, ma due corna ricurve lo dissuadono dall’approfondire lo studio, vieni, andiamo, quelle sono capre: ti piacciono? ne vorresti una per avere compagnia? Non mi risponde, o, forse, non voglio sentire… Passiamo un ponticello e imbocchiamo una bella strada sterrata, una mulattiera in piano, all’ombra. Abbiamo caldo e siamo un po’ stanchi. Pepito cammina dietro me, è stanco anche lui. Un tratto di asfalto, la strada dove le moto corrono veloci, ma per fortuna oggi ne passano solo tre e vanno piano e non ci spaventano, poi la rotonda, che Pepito percorre con attenzione, ed eccoci ai piedi della montagnola con il brutto sentiero scivoloso e ripidissimo, che dobbiamo risalire, con tanta fatica, per poi scendere dal bosco, sul lato opposto, proprio sopra alla casa di Luciano e al terreno ove abita Pepito. Ultimo sforzo, eccoci in cima, ora scendiamo, di solito qua mi fai arrabbiare o perchè vuoi correre giù e mi spingi e non ubbidisci, invece adesso sei stanco, si proprio “stanco come un asino”, e non sprechi le tue forze per tirare e litigare. Penso che dovrei sempre addestrarti quando sei stanco, così sei remissivo e non dobbiamo discutere per ogni cosa. Alla sua casa Luciano si ferma: la sua cavalla si affaccia al recinto: non l’abbiamo portata con noi perché è in attesa di un puledrino! Le scaccio le mosche dagli occhi, con il gesto naturale che uso per buttarmi indietro la frangetta sulla fronte. Che armonia con i nostri animali! Pepito cammina veloce nell’ultimo tratto di strada, ove di solito si ferma a pascolare, attraversiamo l’arena ed eccoci a casa! Toh, l’ultima carota! Sei davvero un Pepito d’oro, pepitino mio! Ti levo la capezza e ti accarezzo il muso: mi sono riproposta di non baciarti più il naso, ma … non riesco a trattenermi. Poi tolgo dallo zaino la pala, il secchio, la corda, la longhina. Riempio i secchi d’acqua e la mangiatoia di fieno. Buonanotte Pepito, non se se gli asini sognano, ma se lo fanno, so cosa sognerai stanotte. E sarà il mio stesso sogno. |
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