Giuseppe è ( e rimarrà sempre ) il ragazzo che il 2 gennaio 2009 ha contestato V Sgarbi alla biblioteca comunale di Agrigento.
Giuseppe era un ragazzo di 23 anni che aiutava il padre Giacomo a portare avanti una piccola impresa familiare di capre girgentane (razza in via d'estinzione) e un caseificio artigianale da dove uscivano settimanalmente robiole, forme e tipi vari di formaggi caprini mai assaporati prima in Sicilia. Per riuscire in questa piccola impresa, papà Giacomo, Giuseppe e tutta la famiglia hanno per decenni lottato contro la sventura, la burocrazia, la logica dei grandi finanziamenti e delle poco celate corsie preferenziali riservate agli amici degli amici e agli allineati con la classe politica padrona. Non era da molto che spiragli di luce avevano fatto la loro comparsa nella vita di questa famiglia. Non soltanto accudire le capre e caseificare, la famiglia Gatì si cura di portare direttamente il frutto del proprio lavoro nelle bancarelle dei mercatini domenicali e presso i negozi e i ristoratori che apprezzano e ne fanno richiesta. L'ho visto Giacomo qualche tempo fa, ho visto la felicità di un uomo che si è sempre saputo accontentare di poco, che sa che la sua famiglia finalmente sta realizzando un sogno: vivere nel posto sempre voluto e sopravivere lo stesso continuando a chiedere nulla a nessuno.
Adesso...
Giuseppe è morto a 23 anni, folgorato da una scarica elettrica a 220 v perchè si è recato da un allevatore dal quale ritirava latte perchè la produzione propria non era sufficiente. Ha toccato il rubinetto della vasca di refrigerazione malevolmente elettrificata con un cavo della corrente che dappertutto poteva stare ma non lì in quel momento. Perchè quel contatto criminale?
La morte di Giuseppe non è fatalità, viene da molto più lontano e ci sono responsabilità che andranno ricercate e dette.
“ la sicilia è scomoda ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero” ( Sciascia ).
Giuseppe era figlio di questa terra e lui disse: “questa è la mia terra e io la difendo”.
Giuseppe non voleva andar via da questa terra perchè aveva il coraggio di sognarla diversa, aveva capito che la sua voce poteva colpire e squarciare il silenzio, aveva intuito che la bellezza dei sogni può smuovere le coscienze più sopite.
Giuseppe credeva in un mondo mai visto ed aveva tutta una vita ancora per arrendersi.
La sua è adesso una morte bianca come tante altre ma lo stesso assume una colorazione diversa, più fosca perchè coloro che potevano temere la sua rabbia e la sua sete di giustizia, oggi avranno un pensiero in meno... uno non di LORO in meno.
A Giuseppe avevo promesso una delle mie asine, ne avremmo parlato... anche lui sarebbe stato un nuovo asinaro. Non avremmo mai questo piacere.
Domani, 4 febbraio alle 15, a Campobello di licata (AG) lo saluteremo col pugno chiuso.
Il web ne sta parlando da giorni basta sussurrare il suo nome.
Ciao Peppino!!!
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