E poi è bello perché lo vedi correre. Allora lo guardi. Corre per gioco. Perché le gambe, gli zoccoli, il muso, ogni parte del suo corpo vuole sentire la terra, e l'aria, e la velocità. E capisci che tutto il male è passato. L'odore del disinfettante, il sapore delle medicine, la puntura delle siringhe, le mie parole sussurrate. Ora è tutto passato. Il pelo rasato sta già ricrescendo. Ricoprirà la ferita. Come se volesse distoglierci da quel pensiero. Ma è difficile non pensare, scacciare l'ansia e la paura che qualcosa possa succedere, che si possano fare male, tagliarsi, impigliarsi, strozzarsi, azzopparsi. L'ambiente, finora familiare, all'improvviso rivela mille insidie, mille pericoli. Si analizzano tutti i rischi. Si rasenta la paranoia. Vorremmo controllare tutto, anche i loro pensieri e le loro azioni. Evitare che facciano sciocchezze.
Ma intanto lui ha rallentato la sua corsa, sudato raggiunge il suo compagno, che si è già fermato, che lo aspetta, anche lui sudato per le corse e il gioco.
Passo le dita leggere su quella ferita. La prossima estate sarà ben visibile, lì, sul gomito sinistro. Un nuovo segno sulla pelle, un nuovo racconto nella sua vita, che si aggiunge a tutti gli altri, quelli di cui non so e posso solo supporre.
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