..., Il movimento del gregge e gli spostamenti erano supportati da quattro asinidi cui una femmina, in quel periodo gravida, perció non utilizzabile. La bestiola aveva già il suo peso da portare e anche piuttosto prezioso. Icio nutriva particolare affetto per l'asinella, tanto che la chiamava Nina, come sua madre. Non con ironia ma per udirne il suono. Sua madre era morta e il suono di un nome caro puó aiutare la nostalgia, renderla meno acuta, avvicinarne il ricordo. È un gesto d'affetto.
Quel pomeriggio di fine settembre, Icio e il pastore stavano là, sul bordo dell'aria, col vuoto che saliva dal dirupo come un canto tenebroso. Ogni tanto davano un fischio e i cani partivano a far piegare le pecore dal pericolo verso terreno sicuro. In quella zona c'era erba buona ma occorreva stare all occhio. I due non mollavano attenzione, i cani facevano egregiamente il loro dovere. Gli asini, meno esigenti, soprattutto meno golosi, si contentavano di una breve radura circondatada faggi. Là, raspavano erba che non c'era più,l'avevano già mangiata. Forse era così dolce che volevano succhiarne le radici. L'asina incinta se ne stava in disparte, brucava poco. Era preoccupata, alzava la testa, sentiva muoversi qualcosa. Sentiva che erano trascorse dodici lune, il tempo di gestazione finito, il piccolo doveva saltar fuori dal nido. Lei era pronta, bastava arrivasse il segnale. Arrivó di li a poco. Percepì che il
Mondo dentro di sè si stava rompendo, il ciuchino scalciava, brontolava, voleva l'aria. L'asina lentamente si mosse. Lasció gli amici che brucassero la radura, lasció il gregge, lasció il boschetto, attraversó il pendio e andó a posizionarsi in una conca tra due larici vicino al dirupo. Forse volle fare quattro passi per stimolare il parto o solamente rimanere sola, lontano da occhi indiscreti. La nascita di qualsiasi essere è atto intimo, unico, il travaso di vita da madre a figlio, dal buio alla luce. Un miracolo di pudore che non dovrebbe avere spettatori. Gli animali lo hanno capito, gli uomini no.....
.... Icio stava in alto, notó il movimento della Nina. Sapeva che era prossima all'evento. Spostandosi verso il dirupo in mezzo ai larici era entrata nella sua naturale sala parto. Icio voleva scendere subito, poi riflettè e lasció che si sgravasse. Per il momento era al sicuro, il ciuchino non si sarebbe alzato prima di un'ora. Dopo un po' di tempo, caló a vedere se era nato l'erede. Era nato, la mamma ancora lo leccava, mentre stava accoccolato nell'erba. Ma il cucciolo ne aveva abbastanza di stare sdraiato. Con un colpo di reni si rizzó sulle gambe. Le puntó divaricate e tremolanti sul terreno e aspettó che arrivasse l'equilibrio. Tentó un passo e finì a terra. Si tiró su di nuovo, sta volta con maggiore certezza. Tentó altri passi e piombó giù. Al terzo tentativo, padrone di una forza precaria, partì. Partì con l'entusiasmo dei bambini che scoprono la natura, il cielo e la terra. S'avvió, come molti giovani che s'affacciano alla vita, dalla parte sbagliata. Fece pochi passi, i suoi primi passi, verso il dirupo e sparì di sotto. Il povero ciuchino aveva vissuto poco più di un'ora. Quando vide che andava storto, Icio tentó di abbrancarlo, ma ormai era tardi. La mamma lanció un raglio disperato. Fissó il bordo del salto, raglió ancora una volta, prese la rincorsa e si lanció nel vuoto. Morta anche lei assieme al figlio. Aveva preferito così. Tante volte Icio mi ha raccontato questa storia. Forse voleva che la scrivesdi. Eccola.
Mauro Corona |