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Data inserimento : 10-10-2015 18:01:43

Autore :

Lakai
Titolo : Per un basto…

Articolo :

Per un basto…
 
E’ molto difficile trovarne uno già pronto da comprare, se anche lo si trovasse non è detto che le misure siano adatte all’animale destinato ad indossarlo; qualche rara volta è ancora possibile vederne uno in certe casette di campagna, appeso ad un rampino o pendente da una corda fatta passare a cavallo di una trave in legno del solaio, inutilizzato o per bene che vada, messo lì in mezzo a fare da reggi vasi e ricoperto per metà da una cascata di foglie e fiori.
Chi ne possiede uno non è disposto a cederlo, lo tiene per ricordo di qualche lontano parente di cui a stento ricorda il nome per averlo sentito ripetere dai grandi e probabilmente pur con parecchia fatica non ne ricorda neanche l’aspetto, o forse non l’ ha mai conosciuto direttamente.
-”ma se non hai né asini né muli cosa ne fai? Perché non me lo vendi?”
- “sta bene li dov’è, non da fastidio a nessuno e da qui non si muove”...
Si certo sta bene… vien da pensare che quell’oggetto, abbia funzione di collegamento con l’ultimo residuo di quella vita agro-pastorale di una civiltà ormai passata, e viene mostrato come se fosse il blasone di un alto titolo nobiliare; ma tutti sappiamo che il basto era uno strumento di lavoro povero, non uno stemma di famiglia o il testimone di qualche gesto eroico; con l’araldica e tutto il resto il basto non c’entra proprio nulla.
Telai vecchi, polverosi, talvolta svergolati o quasi sconnessi, qualche tavola staccata o imbarcata, deformata dal non utilizzo ed abbandono negli anni, se c’è ferramenta è ormai ricoperta da uno spesso strato di ruggine che ne deforma i profili; in certi ci sono ancora residui di cuscini laceri e sbudellati, cinghie di cuoio indurite ed irrigidite, arricciate e screpolate a causa della trascuratezza e del tempo impietoso, mai più ingrassate da una mano che se ne prendesse cura; per qualcuno di questi, la parola restauro potrebbe assumere un solo significato: RIFARLO DA CAPO; a volte appaiono in vendita su internet, certi prezzi sono impossibili, in una sproporzione assurda rispetto alle pessime condizioni, ma il valore è dettato dalla parola “antico”.
Ogni volta che passo in corso Trinità do automaticamente un’occhiata alla facciata della casa vecchia in cui c’era la bottega di un sellaio/bastaio, vicino al mercato civico, le mezze porte chiudevano la parte bassa dell’uscio e da fuori si vedeva ciò che avveniva all’interno, ma allora ero bambino, la mia mano era sempre tenuta da un grande che mi accompagnava e non avrei mai immaginato che ora…
L’idea per fare un lavoro è una cosa che arriva…un attimo…prima che svanisca velocemente bisogna saperla prendere al volo, catturare come una foto d’azione, poi svilupparla e fissarla affinché non sbiadisca e perda i contorni, a volte è una cosa immediata, ma a volte è necessario pensare con calma, rielaborarla, accantonarla , lasciarla maturare per poi riprenderla quando riappare dopo parecchio tempo, rigirarla, pianificare, preparare, reperire i materiali, interrompere ogni volta che con prepotenza si presenta qualche altra cosa di più urgente da fare, ecc.
Capita che con la mente la si immagina, la si vede già fatta, come se fosse realmente lì davanti, sarebbe bello poter fare delle foto di ciò che si immagina, e poi stamparle in tridimensionale, ma così non è ed allora tocca alle mani stare appresso, seguire le tracce delle fantasie e riuscire a solidificare più o meno ciò che si è visto/immaginato, ma ci vuol tempo, è quasi sempre lui il vero nemico; soltanto il fatto di preparare la paglia richiede tanto tempo: una notte in ammollo con tutte le ceste che la contengono, diversi risciacqui con sgocciolature (tipo gli spaghetti nel colapasta) per riuscire ad eliminare tutte le tracce di polvere e terra; 20 giorni estivi di asciugatura, stesa al sole sulla stuoia di canne allineate, protetta da una rete a maglie strette per evitare che si metta a svolazzare in giro, bisogna avere la certezza che sia ben secca e venga scongiurato l’ insorgere di muffe.
I vecchi bastai facevano il lavoro con ciò che la natura forniva, arcioni: quando a pezzo unico, quando composto da due pezzi incastrati e cuciti insieme, lana di tosatura, crine o paglia, corregge di cuoio, chiodi di legno ecc.
Ogni pezzo singolarmente e poi tutto il lavoro insieme, nasceva o veniva adattato lì, nella loro bottega, probabilmente avevano meno strumenti di quelli che ho io, i loro basti hanno lavorato bene per generazioni, il mio…chissà?
L’ ho visto fare tante volte, i sarti prendono le misure al “modello” con il loro nastro di tela gommata, un lato bianco e l’altro giallo lungo un metro e mezzo, poi in base a quelle misure disegnano il modello su carta (il famoso“cartamodello”) e lo ritagliano, infine tagliano la stoffa ricalcando il modello di carta col gessetto o con imbastiture a “punti lenti”; più o meno è quello che ho fatto io dovendo tagliare delle tavole di legno. Nel caso degli archi del basto, prendere le misure su Norby col metro a nastro veniva male, ho dovuto utilizzare la stecca rigida messa a livello ed abbinata con un quadro mobile a lati millimetrati che ad ogni spostamento mi desse contemporaneamente lettura immediata di larghezza ed altezza (su un quadro di compensato ho incollato dei pezzi di metro di carta messi a disposizione nei brico), in questo modo ho ricavato i punti di tangenza da riportare nel disegno

ho preparato dei modelli di cartone che calzano perfettamente su Norby (che ha corporatura leggermente più grande della figlia), eccoli:
Sono i modelli su cui ho disegnato gli arcioni per il basto delle mie asine.
Naturalmente per la costruzione del basto devo tenermi largo in modo da consentire l’ inserimento del le tavole traverse ed il cuscino imbottito.
Non ho legni buoni o pregiati, da Bricoman ho comprato in promozione sei tavole lamellari da mm 300X600X14, possono andare bene, verranno tagliate ed incollate opportunamente.

In questo modo posso ottenere degli arcioni a sandwich, di spessore 42 mm con triplo strato, sovrapponendo le venature incrociate e quindi con maggior resistenza ...spero

Nel praticare i tagli dei profili, devo cercare di sprecare meno possibile per fare in modo di ottenere un secondo profilo dalla stessa tavola; questo è lo strato centrale (interno)

disegno e taglio i profili in modo che quando verranno sovrapposti, le giunzioni risultino sfalsate e non corrispondenti. Questo è uno strato esterno. Quel pezzo a semiluna che sta a cappello è recuperato dal taglio interno del profilo precedente.

L’ apice è il punto di unione dei semiarcioni, di conseguenza è anche la parte più debole e verrà sottoposta a maggior sollecitazione, inizio la fase d’incollaggio e sovrapposizione degli strati proprio partendo da quì

ovviamente all’incollaggio segue la pressatura, probabilmente qualcuno avrà altre possibilità, tipo presse idrauliche o altro, ma io no, quindi utilizzo i miei vecchi “sergenti” (da sempre ho sentito chiamare così i morsetti manuali con vite a pane quadrato); per coprire maggior superficie e imprimere uniformità di pressione, mi aiuto con dei travetti che utilizzo come ganasce
proseguo con l’incollaggio delle fiancate, (ho chiesto in giro: c’è chi le chiama “corna”, chi “gambe”, qualcun altro “culla”, “penne o pennette”, non sono riuscito a capire quale sia il termine corretto anche perché nessuno era addetto ai lavori, in ogni caso l’importante è che ci s’intenda)
Per assicurare ulteriore maggior resistenza, traccio una linea distante 30 mm. dal bordo interno, poi con un compasso segno a distanze regolari i punti in cui andranno praticati dei fori passanti da Ø 12
ed aiutandomi con leggeri colpi di mazzuolo c’ inserisco a pressione le spine in legno imbevute di colla.
devo pareggiare le costole, ma dato che gli strati hanno le venature con i sensi contrari, ho difficoltà ad utilizzare la pialla-raspa e quindi il lavoro di levigatura esige esclusivamente l’utilizzo della raspa, per il primo passaggio utilizzo quella con i denti grossi, ma poi addolcisco con la raspa più fine (è molto più vecchia e consumata, dovetti rifarle il manico, ma è molto utile e ci sono affezionato);
poi bisogna rifinire con la carta vetrata, inizio utilizzando quella a grana 40, poi passo a quella con grana 180; per avere efficacia devo passare i fogli di carta come se fosse un pialletto, mi aiuto fissandoli con due piccoli morsetti ad una tavoletta leggermente ricurva (i fogli sono prima tagliati a strisce), mentre per la carta in nastri utilizzo il mio levigatore (tempo fa ne parlai qui http://www.raglio.com/forum/index.php?var=posts&topic_id=3594&categorie_id=5)
la polvere di levigatura è finissima e vola dappertutto, anche se lavoro all’aperto, inizio a starnutire, sono costretto ad utilizzare una mascherina antipolvere.
per realizzare l’altro arcione, ripeto le stesse operazioni, ma ovviamente utilizzo l’altro modello o dima.
I due arcioni sono quasi terminati ed effettuo la “prima prova di misura” su Norby che già per rilevare le misure fece da modella, Penelope è gelosa e cerca di mettersi in mezzo, le metto la cavezza e la lego al primo anello del muro e poi faccio lo stesso con Norby, che invece lego al secondo anello; in questo modo le due sono vicine, possono vedersi e stanno tranquille senza disperarsi o esibirsi in concerti per raglio in FA diesis minore e sopratutto nessuna delle due può interferire con l’altra, questo mi consente di lavorare in pace…
devo ritoccarli consumando qui e là, tagliarli di egual lunghezza e sagomare le punte, poi vanno uniti tra loro tramite le tavole traverse; l’ideale sarebbe di utilizzare due tavole larghe e con minimo spessore, in questo modo darebbero certo maggior rigidità/solidità al basto finito, ma non ne ho, quindi pulisco e levigo bene delle tavolette sottili recuperate da un pallet ed utilizzo queste.
Ero convinto d’aver terminato col lavoro più difficile, ma mi rendo conto d’essermi illuso, è l’esatto contrario, la parte più semplice è stata proprio la realizzazione degli arcioni!
Mi succedono un po’ di cose che saranno certo scontate per chi è del mestiere, ma per me è stato…uuufff.
Le tavolette non tornano (fin troppo ovvio, avrei dovuto immaginarlo, dato che le forme dei due arcioni sono diverse) devo provare a forzarle aiutandomi coi sergenti, ma nel farlo mando fuori allineamento i due arcioni, allora internamente fisso un travetto all’apice degli arcioni, cioè nello spazio destinato a restare vuoto e che capiterà in corrispondenza della spina dorsale, provo nuovamente, ma non riesco ancora, con la raspa dò svasatura ai profili interni degli arcioni in modo che le tavole appoggino in una specie d’invito, va un po’ meglio ma non ci siamo ancora, ritocco i profili delle tavolette che ovviamente devono essere leggermente più strette verso l’arcione anteriore (avrei dovuto pensarci prima), ancora una volta mi trovo in difficoltà, stringendo una si spacca… stanno salendo i nervi, sono tentato di buttare tutto nel fuoco, d’istinto lancio un’occhiata al forno e… mi viene l’idea che forse potrei sagomare le tavolette a caldo AIUTANDOMI PROPRIO COL FORNO A LEGNA!!!
Devo interrompere il lavoro di falegnameria per recuperare un bel po’ di fogliame e rametti secchi…col carico di tre carriole il forno è pieno, e ora …FUOCOOO!
Beh! Almeno ne ho approfittato per fare un po’ di pulizia al sottobosco.
Perché il forno raggiunga temperatura di“cottura”e le braci siano completamente spente ci vorrà qualche ora; nel frattempo penso ai cuscini.
SEMBRA IMPOSSIBILE! i teloni ed i sacchi di juta non si trovano quasi più, certi negozianti mi guardano inebetiti…”DI JUTA? E cosa ne fa? Lei mi sta chiedendo una cosa inesistente!” oppure “Ormai non riuscirà a trovarne più da nessuna parte”… già, ormai tutti vendono i sacchi ed i big-bags tessuti con fibra di polipropilene.
Neanche se avessi chiesto di vendermi un pezzo di cielo.
Non ho bisogno di sviluppare molta fantasia per immaginare le risposte che avrei ricevuto se solo avessi chiesto un po’ di crine di palma per imbottire i cuscini, probabilmente non sanno neanche cosa sia.
Alla fine sono riuscito a comprare i due sacchi che mi servono, che manco a dirlo sono d’ importazione
Quando rientro, il forno è pronto; dato che ho pochi morsetti, non posso lavorare di botto ma devo procedere per tappe, infilo nel forno una tavoletta alla volta per meno di un minuto, poi la utilizzo per collegare tra loro i due arcioni, ora che le tavole son calde sono anche più morbide e riesco a svergolarle più facilmente facendo acquistare la nuova sagoma senza spaccarle (ma per riuscire a resistere la temperatura devo usare i guanti), ogni tanto devo correggere la svasatura con la raspa, bisogna attendere che si raffreddino prima di allentare i sergenti, in modo che conservino la nuova forma; poi li fisso con colla, stringo nuovamente coi sergenti e inchiodo con graffette, un po’ per volta il lavoro va avanti.
E pensare che sembrava una cosa facile e veloce, c’è voluto un giorno intero. Elimino ed arrotondo per bene gli spigoli interni della culla e sagomo le punte degli arcioni, inoltre do un’ultima levigata alle tavolette sia internamente che esternamente, quando ho finito non mi sembra vero, ho le mani stanche ma… ecco qui il telaio rovesciato visto posteriormente
ed anteriormente
poi da sopra, posteriormente
ed anteriormente
i cuscini non sono ancora pronti ma voglio fare la “seconda prova di misura” per vederne la vestibilità, piego un tappeto e lo infilo dentro ad uno dei due sacchi, Penelope si avvicina curiosa e sospettosa allo stesso tempo, quando sollevo il cuscino sembra quasi spaventata, glielo faccio odorare e lo uso un po’ per accarezzarla sul muso, lo sfrego su orecchie e collo, scendo giù fino alle zampe poi glielo appoggio sulla schiena, dopo è la volta del basto, ora è tranquilla, si guarda la schiena con sopra il basto, poi guarda me ed infine aspetta rassegnata, sembra pensare: “chissà dove vuole arrivare questo matto”
sul telaio prendo altre misure e nei punti stabiliti pratico i fori passanti per infilarci il cordame di amarro.
Con pennello ed impregnante ad acqua proteggo tutto il telaio alternando tre mani a tempi di asciugatura relativamente brevi, dato che la cosa è resa veloce da questa temperatura quasi tropicale
Torniamo ai cuscini: imbottisco un sacco con la paglia precedentemente lavata dalla polvere ed asciugata al sole, schiaccio per bene, aggiungo altra paglia (ripeto tre volte l’operazione di aggiunta paglia di riempimento e pressatura); prima di chiudere con le cuciture, infilo un mio maglione di lana vecchio ed infeltrito, precedentemente scucito ed aperto, in questo modo la paglia non sarà a contatto diretto della schiena dell’animale. A metà pratico due cuciture parallele che dividono il sacco/cuscino in due parti uguali e poi Passo all’operazione di trapuntatura (come un tempo si doveva fare coi materassi, con aghi lunghi e spago, mettendo dei rinforzi affinché le impunture reggano meglio).
Sono aghi ricavati da pezzi di elettrodi inox dopo aver arroventato, pestato ed appiattito un’estremità ed infine ri-arroventato e generato un foro (cruna) con un punteruolo, ho anche piegato ed attorcigliato un sottile filo di acc. inox e formato l’asola, son pseudo aghi che ho utilzzato per cucire con spago da pacchi che essendo troppo grosso non entrerebbe in nessuna cruna, (il sacco ha trame larghe ed il golfo di lana cede, per cui sono facilmente penetrabili anche senza punta);
Nel lato che andrà a contatto con la schiena dell’animale, rivesto il sacco con un ulteriore telo robusto ma morbido a trame fitte per ammortizzare il contatto col sacco e la paglia.
dopo aver chiuso e trapuntato i cuscini, mi rendo conto che nonostante tanta attenzione, alcuni punti sono un po’ sgonfi, scucio una parte e provo ad infilare altra paglia, bisogna spingerla in fondo ma non vien bene, ci vorrebbe una specie di forcella con cui spingere, mi arrangio con uno spezzone di tondino per staffe da armatura di costruzione: ne arrovento una parte, la pesto fino ad appiattirla un pò, poi pratico un taglio ed infine allargo ed ottengo la forcella, la provo e va bene per il suo scopo, eccola
è il momento della “terza misura per prova”…su Norby
e su Penelope (par condicio)
Ora che hanno più confidenza con questo attrezzo, non c’è neanche bisogno di legarle per fare la foto.
Ovviamente i cuscini dovranno assestarsi ancora e prendere la forma giusta in seguito ai primi utilizzi. Per fissare i cuscini, decido di “cucirli”al telaio, quindi non resta che praticare dei fori con punta Ø 6 nelle tavolette traverse
poi con gli aghi lunghi (quelli attorcigliati) infilati a spago grosso, trapasso sia le traverse che i cuscini (un’altra trapuntatura), infine annodo i capi di ogni spago.

Resta ancora da fare la cinghieria…si insomma… i finimenti, in questo campo mi sento un po’ più a mio agio, srotolo la pezza di pelle cruda “vacchetta” che comprai in una bancarella ad una festa paesana, non resta che misurare, segnare, tracciare, tagliare, carteggiare, fustellare, inserire le fibbie ed i passanti, incollare, cucire, pressare i ribattini ed alla fine dare una passata di grasso (spero di non aver dimenticato nulla). Inizio a tagliare le cinghie partendo dalla parte posteriore, cioè braga e reggi braga, utilizzo un tagliente ottenuto ridisegnando ed affilando una vecchia spatola,

qualche taglio presenta delle sbavature, devo rifinirle levigando con carta vetrata, ovviamente la cosa non è agevole, utilizzo un mio vecchio attrezzo…autocostruito con un lamierino di rame, è una canaletta in cui inserisco una strisciolina di cartavetra

levigare i profili viene un po’ meglio che facendolo a mano nuda e non si rischia di graffiare dove non si deve, ripasso i tagli con la cartavetra per eliminare qualche sbavatura, allisciare ed arrotondare i contorni (ovviamente lavoro con due mani, ma in questo caso la sinistra era impegnata per fare la foto)

La pelle è una materia naturale, ha fascino e si presta a diverse lavorazioni, anche se a volte mentre la utilizzo mi vengono dei rimorsi, è appartenuta ad un animale vivo, ma poi cerco di affossare sempre certi pensieri filosofici, penso che sia ancora il materiale più idoneo ed affidabile per certi utilizzi.
Lavorare con la pelle, (pur avendo qualche similitudine) non è come lavorare con le stoffe che cedono meglio e con cui un errore è rimediabile, in caso di una cucitura sbagliata, basta tagliare i fili e farne un’altra, le trame del tessuto ritornano come prima e non si vede nulla, invece nella pelle restano i buchi e tutti i segni, quindi prima di fare buchi o cuciture faccio prove e prendo ancora misure, per farlo devo lavorare direttamente sull’asina.
Sono contrario ai troppi vizi, ma quando è meritato, un premio lo do volentieri, prima d’iniziare metto in tasca tre carrube spezzettate, poi appoggio il basto sulla schiena di Norby.
Con le mollette da cancelleria fisso la braga ad una cinghia di nylon messa dietro al basto ed aiutandomi con le corde, poi faccio scorrere la cinghietta su e giù fino a trovare la posizione più corretta e sul telaio faccio il segno in cui andrà fissata la braga, ripeto l’operazione per tutte le altre cinghie, nel frattempo sento il rumore delle carrube mentre vengono schiacciate dai denti di Norby…mentre mastica lentamente, lascia cadere i carati.
su ogni pezzo traccio le linee di cucitura utilizzando un segna bordi, ricavato da una barretta di acc. inox lavorata con lima tonda e triangolo,
su ogni linea passo la rotella segnapunti ottenuta modificando una rotella per tagliare pizze e pasta fresca, a cui ho praticato degli incavi a semiluna (con una limetta tonda per affilare catene di motoseghe);
ricalcando i segni lasciati dalla rotella, con una lesina buco la pelle appoggiata su una lastra di polistirolo, che è sufficientemente rigido da opporre resistenza all’affondamento ed allo stesso tempo è facilmente penetrabile dalla punta d’acciaio

durante la fase di bucatura, quando si lavora con diversi strati, può succedere che uno strato inferiore si sposti, in questo caso i buchi andrebbero fuori linea; dopo aver fatto il primo buco, lo infilo con un punteruolo e continuo a fare gli altri buchi, ogni tanto infilo un altro punteruolo in altro buco, in questo modo gli strati restano ben allineati fino alla fine, tolgo i punteruoli a poco a poco man mano che vado avanti durante la cucitura

Per cucire utilizzo aghi da lana, hanno la cruna larga e la punta arrotondata, infatti dato che nella pelle vengono prima praticati i fori con una lesina (così vengono chiamati i punteruoli dei calzolai), nell’ago non serve la punta ed anzi potrebbe addirittura essere d’intralcio e puntarsi sulla pelle.
Inizio con qualche cucitura che so già da ora essere definitiva, per farlo, utilizzo il cavalletto/morsetto di cui parlai qui http://www.raglio.com/forum/index.php?var=posts&topic_id=3456&categorie_id=5 .
La cucitura a mano può essere fatta adottando diversi punti, in questo caso preferisco quello fatto con due aghi che viene chiamato punto sella o del sellaio, è lineare, se fatto bene può essere molto bello proprio per la sua semplicità, inoltre nel caso in cui dovesse spezzarsi un filo, l’altro terrebbe ugualmente fermi i pezzi cuciti. Questa è la fase di cucitura del pettorale a cui ho deciso di cucire tre rosoni con scopo sia di guarnizione che d’ irrigidimento della fascia larga
questa è un’ altra fase di preparazione
e questa è un’altra prova in cui sostengo il pettorale con le solite mollette
Ho dovuto affrontare un altro scontro con la realtà…non esistono più i calzolai, o meglio… quelli che ancora lavorano, sostituiscono soltanto i“tacchi in cinque minuti” e forse fanno qualche altra piccola riparazione e di conseguenza non esistono quasi più i rivenditori di materiali ed attrezzi per calzolai. Per comprare le fibbie ed altri accessori ho dovuto cercare e girare ancor di più che per i sacchi di juta, nei brico neanche a parlarne, nei ferramenta men che meno, nelle sellerie volevano vendermi tutti i finimenti (per cavallo, da riadattare sulle misure delle asine), ma non avevano fibbie per ricambi. Ero già quasi rassegnato a dover fare le fibbie da me, ma non avevo proprio voglia di far tanto lavoro col rischio di ottenere fibbie malfatte e brutte. Un giro in moto mi ha portato in un paese a 60 km, mentre fermavo ad uno stop, ho messo a fuoco di fronte a me…UN BASTO!?!? Ero incredulo, sembrava che si fosse materializzato in quel momento, ho pensato di avere le allucinazioni, era appeso ad un rampino… affianco alla porta di un calzolaio… non c’era insegna, senza il basto non avrei notato quella piccola porta… è stato gentilissimo, m’ ha lasciato toccare e studiare quel basto da restaurare, mentre lo accarezzavo sentivo i rilievi delle fibre di quel legno molto più vecchio di me, ma soprattutto m’ha indicato il ferramenta in cui poter comprare ciò che mi serviva, son riuscito a fare una piccola scorta di fibbie, ribattini, piccole borchie, rivetti, bottoni automatici, qualche ago, mentre non c’è stato niente da fare per il filo cerato, ormai non lo tratta più nessuno, quello che ho da tanti anni è quasi finito e non so più dove trovarlo, in alternativa ci sarebbe il filo per cucire veleria nautica, è resistentissimo ma è un diverso tipo, intrecciato a cordonetto e poi è solo bianco, le cuciture restano in rilievo; ecco come viene una cucitura col filo nautico
un’altra alternativa sarebbe quella di cercare ed ordinare da internet, ma io ho bisogno di toccare, preferirei sentire con le mani…invece l’ordine web è freddo e non provo le stesse sensazioni che mi consentono di fare la scelta, è il dazio da pagare al progresso. Ora ho un debito! ho promesso al calzolaio che porterò il lavoro ultimato per farglielo vedere.
E’ molto importante impedire che nessuna fibbia possa entrare in contatto diretto con l’animale in modo da evitare che i peli vengano strapparti in fase di tesatura o che si abbiano degli attriti durante il movimento; dov’ è possibile sfrutto le parti larghe delle cinghie, dove invece non c’è questa possibilità devo cucire una patella di pelle larga in corrispondenza della fibbia.
“Ma non va bene! Hai usato le stesse fibbie per pettorale, braga, letranca e sottopancia, le fibbie devo essere diverse”. La solita sentenza insulsa… Sergio ha un cavallo di razza, lo tiene in un maneggio e… lascia che se ne occupino gli altri, “Ti offro la birra nuova, siediti lì così mentre bevi stai zitto e non mi rompi ed io lavoro in pace…ma quando avrai finito o starai zitto o fuori di qui a meno che non sappia dirmi con massima certezza chi vende i materiali ”…beve mi guarda e…”buona” …” zitto”.
Un lavoro artigianale fatto nel cortile di casa, all’ombra del canneto è un pezzo unico, pur avendo in mente ciò che si vorrebbe fare, a volte si cambia idea in corso d’opera; anche volendo essere precisi vien fuori un lavoro sempre un po’ approssimativo e son certo che dovendone fare un altro, sarebbe anche lui un prototipo, per esempio una delle cose è che all’ultimo momento ho deciso di cucire tutto anziché utilizzare i ribattini, le cuciture richiedono più lavoro e tempo ma sono più belle e non arrugginiscono; un’altra cosa sono state le corde di amarro… non mi piace come le cinghie scorrono sulle corde…e poi con l’uso hanno tendenza a slabbrarsi, no no, devo utilizzare qualcosa di rigido, ci vogliono anelli quadrati, ma dal ferramenta non li avevano e devo farli io.
Il secchio vuoto della tinta ha un buon manico, lo taglio e lo piego per ottenere gli anelli quadrati ,
poi taglio un lamierino inox a strisce e le adatto agli anelli ed infine in ognuna pratico due fori passanti per poter infilare delle viti con cui fissarle agli arcioni. L’acc. inox è difficile da bucare, scalda troppo, infatti la vecchia punta del trapano fa fatica e poi si brucia, devo comprarne una nuova in “cobalto”
per favorire meglio lo scorrere della cinghia, provo a realizzare un rivestimento a tubo da inserire nell’anello in modo che agisca come una puleggia di rinvio. Taglio una striscia di lamierino e la piego alla morsa, poi aiutandomi con pinza e martellino la sagomo intorno al ferro dell’anello, il suo scopo è quello di rotolare come fanno i cuscinetti, quindi non dovrà essere stretto troppo. Una volta finito, mi accerto che non ci siano parti sporgenti o taglienti che possano impigliarsi o danneggiare le cinghie, dò una allisciata prima con la lima e poi carta abrasiva a grana 240.
questi sono i rinvii delle cinghie

purtroppo, con le cinghie non ho finito, mancano tre cuciture…la bobina è vuota HO FINITO IL FILO, SONO BLOCCATO!!! In qualche modo mi viene il ricordo dei calzolai che prima di cucire passavano lo spago nella pece… sono volati solo pochi anni ma sembra che siano passati secoli, dove posso trovare la pece? E se invece usassi la cera? beh si... il filo cerato certo! ok ci provo! Da un brico compro due stecche di stucco/cera per legno una color ciliegio, l’altra ebano cercherò di abbinarne una al color cuoio, anche un gomitolo di spago per cucina,

è resistente ma bianco, ne taglio un paio di agugliate e le immergo nel barattolo dell’impregnate “Douglas” (lo stesso usato sul telaio), le lascio stese ad asciugare e poi le passo sulle stecche, le sfrego un po’ con le dita e…si sembra che vada bene, queste sono le prove per vedere l’effetto, direi che il collaudo sia quasi positivo.
credo finalmente di aver terminato, faccio ancora una misura di prova, registro la tensione sulle fibbie e sembra che vada tutto bene. Mi vien voglia di decorare i rosoni... utilizzo una rotella zig zag (di quelle per tagliare la pasta fresca), poi lavoro su un pezzo di fil di ferro per sagomarlo a fiore, un altro per ritorcerlo e abbozzare una figura a nodo ed inoltre lavoro una rondella con lo smeriglio, li utilizzerò come si fa coi punzoni. Gli “stampi” vengono pressati sulla pelle, ma per agevolare la cosa, ho bisogno di ammorbidirla e renderla più lavorabile, la bagno con acqua, la pelle si gonfia leggermente e diventa più cedevole, posso stirarla, sagomarla e pressarla

ecco come si presentano braga, reggi-braga e sottocoda finiti
Ancora qualcosa non va! Non mi piacciono i rinforzi di tela blue- jeans nelle trapuntature, li copro cucendo delle strisce per imbottitura dei divani, inoltre mi rendo conto che quando Norby abbassa la testa, la cinghia che regge il pettorale scende in avanti, e quando poi la solleva resta male, capisco che devo fissarla al telaio!
Taglio una strisciolina di pelle e adottando un anello a D costruisco una minuscola fibbia per fare in modo che anche la lunghezza della cinghietta sia regolabile.
ecco il pettorale con le cinghie di sostegno
Vedo il basto…le tavole e lo spago che le attraversa per fissare i cuscini, NO…NON MI PIACE! La parte esterna delle tavole non può restare nuda, devo coprire con qualcosa. Approfitto del fatto di dover dare una mano ad un amico per sgomberare casa della madre. La una vecchia poltrona semi sfondata è già caricata sul carrello per buttarla, è orrenda però quella pelle è riutilizzabile e sta meglio sul basto piuttosto che al centro ecologico di raccolta, nel tagliare e tirare, si strappa in due punti, ma le misure rientrano ancora abbondantemente.
Per dare un effetto di guarnizione e rifinitura, utilizzo i chiodini con la testa un po’ bombata e rivestita color bronzo, ricordano le “bollette” (che in genere utilizzano i tappezzieri).
beh…se siete d’accordo, direi che può bastare, non voglio annoiare oltre, il lavoro è finito e mi fermo qui; credo di aver più o meno descritto tutto, ringrazio per la pazienza e l’attenzione.
Ora Norby ed io andiamo a fare un giro per collaudarlo…Ah no no, ferma, ferma un attimo!!! Manca ancora qualcosa, l’ultima…stavo per dimenticarmi, ci vuol poco…ancora un attimo di pazienza…eeecco fatto!
Adesso è davvero tutto, ma proprio tuuutto tutto tutto...su andiamo!

Fonte :

Lakai

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Commenti all'articolo :


Inserito da : platero il 11-10-2015 alle ore 21:46:37

Testo del commento :

Lakai, per ora non ho letto, neppure una parola, ma ho guardato con attenzione tutte le foto. Bravissimo! grazie per aver condiviso tutto questo lavoro, aggiungendo ad esso la fatica della documentazione fotografica e della relazione tecnica. Questi contributi arricchiscono Raglio.com e tutti noi. Ma ciò che più mi importa è vedere la tua passione. Tutto questo impegno verrà premiato al primo trekking che farai con la tua asina: gioia pura!

Inserito da : francescosid il 18-10-2015 alle ore 13:35:16

Testo del commento :

inserisco commento su eventuali migliorie....

Della costruzione degli arcioni..
:
la costruzionepuò essere migliorata seguendo due possibili vie:
A) sostituire la perte centrale con compensato marino di uguale spessore

B) sostituire la parte centrale con tavole o lamellare di uguale spessore ma con taglio controvena.

in entrambi i casi si aumenta in modo sensibile la resistenza e si diminuisce la possibilità di imbarcamento o torsione.

( di conseguenza diventa inutile il lavoro di spinatura , che vedo poco efficace comunque)



Inserito da : lakai il 21-10-2015 alle ore 18:04:33

Testo del commento :

beh detta così…sembra che vi sia piaciuto, questo mi fa piacere, inutile negare che anche i complimenti fanno piacere (sono un po’ esagerati ), ma io speravo di ricevere consigli/correzioni su qualcosa che posso aver sbagliato, oppure indicazioni di soluzioni migliori.
Due considerazioni al volo: E’ chiaro che NON ho inventato niente e NON so se sia corretto fare tutto esattamente così come ho fatto io, ho cercato di fare le cose seguendo un ragionamento di utilità e praticità in base ai mezzi ed alle poche conoscenze dirette che avevo a disposizione; quasi certamente (come altre volte mi è successo), tra non molto apporterò qualche modifica dettata da esigenze d’ utilizzo e dall’esperienza che per ora non ho.
I materiali:- il legno utilizzato è un legnaccio, niente a che vedere con faggio o frassino, o ancora con leccio ed ulivo, ma a voler cercare un vantaggio, dalla sua c’è il peso, il basto che ho appena fatto pesa poco meno di kg 11 completo di cuscini, cinghiaggi con fibbie, rinvii e viti, corde, rivestimento e stemma di raglio.com, invece un basto in frassino o faggio o ancor più leccio od ulivo avrebbe pesato quasi il doppio.
Avrei potuto rinforzare con dei profili e ganci di ferro o meglio ancora acc. Inox che è meno soggetto ad ossidazione, ma sarebbe stato altro peso aggiunto, per ora ho preferito evitare, poi si vedrà…come si dice da noi: “in caminu s’acconza barriu” ossia lungo strada s’aggiusta il carico.
le spese: - 25 € sia per le sei tavole lamellari da cui ho ricavato gli arcioni che per le spine (le tavolette traverse sono recuperate da pallet), - 25 € per il cinghiame (ho utilizzato circa la metà di una pezza che pagai 50 €), - 7 € per le fibbie, (i rinvii li ho fatti dal manico di un secchio di tinta), - 5 € per due sacchi di juta, l’altro materiale era già in mio possesso, ma volendo possiamo raggruppare tutto con una spesa stimata sotto le 20 € (esagerando con discreta abbondanza) totale spesa stimata per materiale: 82 €.
Tempo impiegato: - condensando il tempo di lavoro effettivo, potrebbe essere 7-8 giorni, ma si sa, il lavoro non continuativo porta a sprecare più tempo, ogni volta c’è da riprendere i materiali e riordinare le idee, al termine bisogna rimettere tutto a posto.
Inoltre in teoria da solo non avrei potuto far nulla, dato che non avevo a portata di mano modelli su cui rifarmi o maestri che mi dessero assistenza ed indicazioni durante l’opera, invece, con grande piacere ringrazio tutti quelli di questo sito che hanno fatto interventi in cui si trattava l’argomento “BASTI”, chi più chi meno, sia con domande che con spiegazioni, disegni, foto e idee, mi hanno concesso di copiare e capire, da tutti ho assorbito qualcosa, l’ho interpretata ed ho cucito insieme i pezzi…tipo arlecchino.
A disposizione per chiarimenti, correzioni, critiche e consigli che …spero chi vorrà mi darà … se preso nel modo giusto, tutto può servire a migliorare, grazie.

Ora che ci penso, ci sarebbe un’ ultima cosa: Ogni promessa è debito, spero di aver onorato il mio, almeno in parte, vedi foto http://www.raglio.com/commentafoto/index.php?id=9834 … in seguito ai commenti avuti per il bastino leggero, scrissi che c’avrei avrei lavorato sopra…si, su un basto… beh a modo mio l’ho fatto.


Inserito da : lakai il 21-10-2015 alle ore 18:05:06

Testo del commento :

Ecco! bene francescosid!!!
Al compensato marino non avevo pensato...quanto al taglio controvena, ho cercato di farlo (compatibilmente con le superfici che avevo a disposizione), infatti se guardi bene le foto della levigatura, si vedono in sezione le venature delle fibre del legno.
Ero convinto che le spine potessero irrigidire e tenere meglio assemblati i tre strati, ma era soltanto una mia idea di persona non esperta in falegnamenria. Ok quando farò il basto per Penelope, proverò ad adottare questi suggerimenti. Grazie!


Inserito da : francescosid il 21-10-2015 alle ore 18:05:18

Testo del commento :

...In un basto che mi hanno regalato dall' Aquila, molto molto degradato, sugli arcioni vi sono una serie di fori più o meno della dimensone e nella posizione dove hai fatto tu la spinatura, presumo come passa corde, e gli arcioni sono due pezzi assemblati...
Per controvena intendo proprio usare le tavole in orizzontale al posto che in verticale ( non so se mi riesco a spiegare), come nel compensato a tre strati per intendersi.


Inserito da : lakai il 21-10-2015 alle ore 18:05:34

Testo del commento :

io ho fatto quattro fori per lato (semiarcione) con scopo di passacorda, mentre per la spinatura i fori sono 13 per arcione.
Ho visto un telaio semidistrutto che anzi che fori aveva dei tagli da sfruttare come passacorda, un pò come le piccole bitte delle barche.
Per il controvena sei stato chiarissimo, ogni multistrato è fatto con strati alternati orizzontali e verticali.
Potresti mettere una foto del tuo basto? (se vuoi) ad es. nella galleria degli attrezzi? penso che sarebbe utile a tutti. grazie.


Inserito da : platero il 26-10-2015 alle ore 23:25:21

Testo del commento :

Lakai, ho letto tutto molto attentamente, sei davvero ingegnoso, anche nel costruirti gli utensili necessari alle lavorazioni: complimenti!
Ti ho mandato delle foto.
Il cuscino del basto che uso io è molto più spesso, e più duro, del tuo e ha preso l'impronta, la forma del dorso di Pepito(non potrei usarlo su un altro asino). Il cuscino,che non sborda, non fuoriesce dal basto in legno, è fissato alla scocca in legno in corrispondenza delle impunture passanti. Però nel mio c'è anche una sorta di incavo, per favorire l'espansione toracica durante la respirazione e ridurre il contatto della pelle contro il cuscino stesso, a vantaggio della traspirazione.
Poi il mio basto differisce per alcuni aspetti , oltre al tipo di legno, e alcuni accorgimenti, come ti spiego nella mail con cui ti mando le foto (che sono troppo pesanti per essere postate qua). Infine il mio basto, essendo molto più pesante del tuo (pesa circa 18 kg) ha due maniglie di ferro per esser preso e sollevato e trasportato.


Inserito da : heidiepeter il 27-10-2015 alle ore 07:59:04

Testo del commento :

Ho visto solo ora...
Impressionante, non ho parole
Non ho letto tutti i commenti delle foto anche perchè sono molto tecnici e ho sorvolato visto che devo fare un po di cose e poi uscire
Bravo Lakai sei veramente una persona di sostanza, mi piace tanto quel tuo interesse a "fare cio che è bene o bisogna fare" come mi esprimo volontieri io.


Inserito da : Ilas il 18-12-2015 alle ore 12:11:46

Testo del commento :

Mamma mia, Lakai sei un mostro di bravura!!!!

Inserito da : mesomara il 30-12-2015 alle ore 22:38:48

Testo del commento :

Complimenti, sei bravissimo! E che pazienza a procurarti tutti i materiali e a far le prove, riprove, e ad aggiustare gli errori! L'unica cosa, non ho capito perché dovevi sagomare le tavolette a caldo.
Non c'entra con quello che hai fatto, ma se puoi spiegare anche come fare le cavezze come quella della tua bellissima Norby (in un altra pagina ovviamente) ti sarei molto grato, perché quelle che uso io sono per pony e quando si fanno "trascinare", la cavezza va sempre su uno dei loro occhi. Ho cercato di farla in tutti i modi, ma fallendo sempre.
Grazie mille, ciao e complimenti ancora!


Inserito da : lakai il 31-12-2015 alle ore 06:18:50

Testo del commento :

il motivo è dovuto al fatto che i due arcioni hanno ampiezza e curvature diverse, quindi le tavolette subiscono una torsione per poter essere fissate ad entrambi, durante la lavorazione una si è rotta, mentre scaldandole diventano più morbide e flessibili.
Per la capezza puoi cercare fra gli articoli, c'è proprio una fatta da me

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